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Quando il prodotto parla: come ESPR e passaporto digitale stanno creando un mercato più trasparente e intelligente

Di Daniele Rozzoni

Introduzione: dal cuore della fabbrica alla frontiera del Web3

Per 25 anni ho vissuto nel cuore pulsante dell'industria, dove le idee diventano materia e i prodotti prendono forma. Un'esperienza che mi ha insegnato il valore della concretezza e come funzionano le aziende dall’interno. Parallelamente, sono stato guidato dalla mia passione per le tecnologie decentralizzate del Web3 e dalla voglia di contribuire in prima persona a un futuro più sostenibile. Ho trovato il punto di incontro tra questi due universi collaborando con un blockchain solution provider, dove ho maturato esperienza diretta nello sviluppo di passaporti digitali di prodotto. Oggi, questa sintesi di esperienze alimenta il mio impegno in CIRPASS-2, che è la conseguenza diretta della mia volontà di entrare in profondità nei processi di sviluppo del DPP, là dove lo si sta studiando e testando sul campo nei molti progetti pilota in corso sotto l’egida della Commissione Europea. Da questa posizione privilegiata e dall'esperienza che ho raccolto nel mio libro edito da Il Sole 24 ORE, “Quando il prodotto parla: il Digital Product Passport”, vi parlo come testimone di una rivoluzione che sta dando una voce ai prodotti e che sta conferendo un nuovo potere a tutti noi.

Il cambiamento in atto: una rivoluzione silenziosa chiamata ESPR

Come spesso accade con le iniziative europee, la tentazione di etichettare l'ultima arrivata come 'l'ennesima complicazione' è forte. Dal luglio del 2024, infatti, è in vigore un nuovo, ambizioso regolamento: si chiama ESPR, l'acronimo di Ecodesign for Sustainable Products Regulation. Molti vedono in questa sigla solo un nuovo obbligo burocratico, ma in realtà è il motore esecutivo del Green Deal europeo, un cambio di paradigma pensato per scardinare il modello "produci-usa-getta" che ha dominato il mercato per più di un secolo. La sua portata è senza precedenti: riguarda la quasi totalità dei beni fisici che circoleranno in Europa, sia realizzati qui sia importati. Questo crea un "level playing field", una concorrenza leale in cui le regole sono uguali per tutti, aumentando non solo la resilienza, ma anche la competitività e la solidità dell'intero Mercato Unico Europeo.

Questo cambiamento è, prima di tutto, una risposta a un problema drammatico. Pensiamoci: oggi, l'88% delle materie prime che estraiamo e lavoriamo viene semplicemente sprecato, disperso al termine della vita utile dei prodotti. Questo accade perché sono spesso progettati per avere un ciclo di vita breve, per essere difficili da riparare per mancanza di ricambi o per essere impossibili da riciclare efficacemente. È un'emorragia di valore e risorse che non ci possiamo più permettere e che l'ecodesign si propone di fermare, rendendo la circolarità non un'opzione, ma lo standard.

Il principio alla base del regolamento è semplice ma dirompente: i prodotti dovranno nascere pensati per durare, essere riparabili, aggiornabili e facilmente riciclabili. Per garantire che questo accada, la Commissione sta definendo le regole specifiche per settori prioritari come il tessile, l'elettronica e i mobili. Lo strumento fondamentale per questa rivoluzione è il passaporto digitale di prodotto (DPP): la carta d'identità digitale di un oggetto, accessibile a tutti tramite un QR code o un tag NFC. Per essere credibile, questo strumento si basa su tecnologie che garantiscono sicurezza, integrità del dato e irripudiabilità della firma. L'informazione registrata nel passaporto è certa e immodificabile, mettendo fine all'era dell'incertezza e del greenwashing.

Prospettive future: dall'obbligo all'opportunità strategica

L'introduzione del DPP segna il passaggio epocale dallo storytelling allo story-proving. Le aziende non potranno più solo raccontare di essere sostenibili, dovranno dimostrarlo. I benefici per noi consumatori sono enormi: saremo messi nelle condizioni ideali per fare scelte consapevoli e avremo finalmente tutte le possibilità per combattere il marketing ingannevole. Potremo dare vita a un mercato dell'usato trasparente e affidabile, dove il valore di un bene è garantito dalla sua storia verificabile.

La vera linea di demarcazione, tuttavia, si traccerà tra due tipi di imprenditori. Da un lato, ci sarà chi interpreterà il DPP come l'ennesimo costo da sostenere: un adempimento burocratico necessario per garantirsi la sopravvivenza nel mercato europeo, per poi tornare al proprio 'business as usual', soddisfatto della propria conformità.

Dall'altro lato, invece, ci sono i pionieri. E non si tratta di una previsione: sono già tra noi. Sono le moltissime aziende con una grande visione strategica che, senza attendere alcun obbligo di legge, hanno già dato un passaporto digitale ai propri prodotti. Molti di questi esempi concreti li ho intervistati e raccontati nel mio libro, “Quando il prodotto parla: il DPP”. Queste aziende vedono nel passaporto digitale una leva strategica senza precedenti, una fonte inesauribile di dati per la loro business intelligence. Lo usano non solo per comunicare, ma soprattutto per ascoltare. Immaginiamoli all'opera, perché è quello che stanno già facendo: progettano prodotti migliori basati sui dati reali di utilizzo; costruiscono filiere più trasparenti, garantendo a noi consumatori la provenienza dei materiali; sviluppano servizi post-vendita che anticipano i problemi, offrendo manutenzione predittiva e un’assistenza che ci fa sentire davvero ascoltati; rendono il riciclo conveniente; e inventano nuovi modelli di business come il noleggio evoluto (product-as-a-service), dove non acquistiamo più l'oggetto, ma il suo utilizzo. Per i primi, il futuro sarà una questione di conformità. Per i secondi, il presente è già un'opportunità di conquista.

una nuova era di fiducia e valore

L'ESPR e il passaporto digitale di prodotto non sono quindi solo una normativa. Sono l'alba di una nuova era per il concetto stesso di "prodotto". Stiamo lasciando un mondo di oggetti muti e anonimi per entrare in un mercato di prodotti "parlanti", che portano con sé la propria storia verificata e aprono la porta a servizi innovativi. È una rivoluzione che mette la trasparenza al centro, con enormi benefici per i consumatori, le aziende innovative, il pianeta e la competitività del Mercato Unico Europeo. È un invito all'azione per tutti noi: usare questa nuova voce per costruire un'economia più intelligente, circolare e, soprattutto, più trasparente.