Benvenuti nel Forum della Fondazione Olitec. Questo spazio è stato creato per promuovere la trasparenza e facilitare la comunicazione tra la Fondazione Olitec e tutti coloro che desiderano entrare a far parte del nostro team, in particolare per il ruolo di Sales. Il nostro forum è uno strumento di dialogo aperto e costruttivo dove i candidati possono porre domande, condividere esperienze e ottenere risposte dirette sui vari aspetti del processo di selezione e sulle opportunità di carriera offerte dalla Fondazione.
All’interno del forum troverete topic dedicati ad argomenti specifici su cui potrete approfondire informazioni relative al ruolo, al processo di selezione e alla cultura aziendale della Fondazione Olitec. Inoltre, avrete la possibilità di caricare le vostre domande e consultare le risposte fornite ad altri quesiti posti dai candidati, creando così una rete di informazioni condivisa e trasparente.
Questo spazio è pensato anche per favorire la condivisione delle esperienze personali: potrete raccontare il vostro percorso e scoprire come altri candidati stanno affrontando questa opportunità. Vi invitiamo a partecipare attivamente, a rispettare gli altri membri della community e a mantenere un tono di dialogo collaborativo e positivo.
In Italia la povertà educativa non è una statistica: è un circuito che toglie occasioni a bambini e ragazzi — nidi insufficienti, poco tempo pieno, laboratori rarefatti, sport e cultura a singhiozzo, tutoraggi assenti — e che spesso inizia prima dei tre anni. Significa crescere in un territorio dove la scuola non riesce ad aprire varchi: biblioteche chiuse il pomeriggio, palestre inagibili, trasporti scarsi, connessioni lente, costi della mensa che pesano sul bilancio familiare, orientamento ridotto a formalità. È una geografia della possibilità che si accorcia man mano che ci si allontana dai centri maggiori, che si complica quando in famiglia entrano povertà materiale, migrazione, disabilità o lavori precari, e che esplode durante le transizioni critiche (primaria→media, biennio→triennio, scuola→lavoro).
Non è solo questione di device o di “aule nuove”: la domanda corretta non è quante LIM abbiamo comprato, ma quali competenze stanno crescendo, per chi e dove. A contare sono quattro ingredienti che fanno la differenza: tempo (più ore, ma di qualità, con laboratori veri), spazio (ambienti attrezzati e scuole aperte al quartiere), adulti significativi (docenti formati, tutor, mentor e psicologi in rete), traiettorie (orientamento serio, micro‑credential, ponti concreti con ITS e università). Senza questa architettura, l’innovazione resta superficie: banchi modulari e device nuovi, ma apprendimenti vecchi e diseguali.
La definizione di riferimento è limpida: povertà educativa significa impedire ai minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire capacità, talenti e aspirazioni. È un tema di diritti, non di beneficenza: riguarda l’uguaglianza sostanziale e il diritto allo studio e impatta su crescita economica, salute, legalità, coesione sociale e perfino resilienza del Paese. Quando mancano tempo, spazi, adulti e traiettorie, la scuola smette di essere un ascensore sociale e diventa uno specchio che riflette — e talvolta amplifica — le disuguaglianze di partenza.
Negli ultimi dieci anni il quadro si è mosso in modo irregolare, con segnali di progresso ma anche fratture che si sono allargate con la pandemia. Sul fronte materiale, i minori in povertà assoluta sono saliti fino al 13,8% nel 2023 (circa 1,295 milioni di bambini e ragazzi), massimo della serie dal 2014; nel 2024 il 26,7% dei minori risulta a rischio di povertà o esclusione sociale (AROPE), con un 43,6% nel Mezzogiorno e picchi oltre il 50% nelle famiglie monogenitore numerose. Sul fronte scolastico, la dispersione esplicita (early leavers 18–24) è scesa dal 15% del 2014 al 10,5% nel 2023 e al 9,8% nel 2024, avvicinandosi al target UE <9% entro il 2030; resta marcata la differenza di genere (maschi più a rischio) e il divario territoriale. La dispersione implicita (ragazzi che concludono i cicli senza livelli minimi di competenza) ha toccato nel 2024 il minimo storico del 6,6%, ma nel 2025 è risalita all’8,7%, segnalando fragilità da presidiare soprattutto nel Mezzogiorno. Nei NEET 15–29 (chi non studia e non lavora), l’Italia parte da livelli molto alti (~26% nel 2014), migliora fino al pre‑Covid (~22% nel 2019), peggiora con la pandemia (~23,3% nel 2020), poi scende al 16,1% nel 2023 e al 15,2% nel 2024: è un progresso rilevante ma restiamo secondi in UE (peggio solo la Romania), con forti differenze territoriali (Sicilia 27,9% vs 8% Bolzano). L’offerta 0–2 anni aumenta, con il tasso di copertura dei posti passato dal 27,1% (2019/20) al 30% (2022/23); il Centro‑Nord ha superato il LEP 33%, mentre Campania 13,2%, Sicilia 13,9%, Calabria 15,7% restano lontane; alcune regioni virtuose (es. Umbria ~46,5%) superano già il nuovo obiettivo UE 45% al 2030. In sintesi: più scuola e più servizi stanno producendo effetti (meno abbandoni, più offerta 0–2), ma povertà materiale, divari territoriali e fragilità negli apprendimenti continuano ad alimentare la povertà educativa: servono interventi continuativi, mirati e misurabili.
Cosa funziona, davvero? Le leve ad alto impatto non sono misteriose, ma vanno tenute assieme. 0–6 come priorità (nidi accessibili nei quartieri fragili, rette calmierate o azzerate, supporti psicopedagogici precoci). Tempo scuola esteso ma di qualità (laboratori, sport, teatro, scienze applicate, coding). Tutoraggio ad alta intensità (piccoli gruppi o 1:1 per cicli di 12–16 settimane) che ricostruisce basi e fiducia. Scuole-comunità aperte oltre l’orario, con biblioteche, associazioni, sportelli psicologici e volontariato. Filiere post‑diploma serie (ITS, apprendistato qualificato, università connessa a problemi reali). Docenti supportati in classe da comunità professionali e coaching. Monitoraggio semplice e continuo su frequenze, progressi, passaggi di ciclo. Se i fondi vengono spesi in arredi e gadget senza cambiare didattica, l’effetto svanisce alla prima campanella.
Dentro questo quadro, modelli come Fondazione Olitec possono “spostare l’ago” perché mettono insieme pezzi che altrove restano separati. Il cuore è BRIA — Bioinformatica, Realtà Immersiva, Intelligenza Artificiale — non come slogan tecnologico ma come ecosistema didattico: laboratori veri, dataset e casi d’uso industriali, docenze miste (docenti scolastici + mentor tecnici), micro‑credential che certificano saperi pratici, e una rete di imprese che non fa passerella ma progetta sfide, hackathon, apprendistati, assunzioni. In parallelo, Olitec integra percorsi universitari in sede (informatica, cybersecurity, IA) in convenzione con atenei telematici: gli allievi frequentano e sostengono esami rimanendo nelle strutture della fondazione, con tesi e portfolio nati da problemi reali. Risultato atteso: competenze allineate al mercato dei prossimi anni e collocamento qualificato, evitando spirali di lavoro sottopagato e discontinuo.
Tradotto in architettura operativa, un hub BRIA “a spettro completo” lavora su quattro cerchi concentrici. Primo: Zerosei+Famiglie, con nido/sezione primavera, laboratori sensoriali e STEM per i piccolissimi, spazi di ascolto per i genitori, logopedia e psicopedagogia. Secondo: 6–13 anni, doposcuola serio sulle basi e “BRIA per bambini” (robotica unplugged, esperimenti scientifici, realtà immersiva guidata) per dare gusto alla fatica dell’apprendere. Terzo: 14–19, laboratori avanzati, project‑work su dati veri, certificazioni, PCTO progettati con le imprese, e — qui è decisivo — tutoraggio ad alta intensità per chi è a rischio abbandono. Quarto: post‑diploma, con ITS e lauree triennali in sede, apprendistato duale e job‑matching continuo con obiettivi misurabili di placement a 6–12 mesi. In questo percorso si ottiene l’abilitazione BRIA, si formano bioinformatici e professionisti capaci di gestire situazioni critiche e squadre di lavoro: non “tecnici solisti”, ma persone in grado di guidare team in contesti complessi.
Il motore nascosto è la didattica assistita: Universal Design for Learning, piani personalizzati anche per DSA e BES, strumenti digitali accessibili, coaching in classe. Accanto, supporti abilitanti che spesso decidono la differenza: borse BRIA per i profili fragili, mensa e trasporti coperti, sportello psicologico, un case manager che segue gli studenti più a rischio, e un programma strutturato di family engagement. Ogni attività lascia traccia in una dashboard comune — frequenze, crediti, progressi nelle prove standardizzate, micro‑credential, passaggi di ciclo, inserimenti lavorativi — per poter correggere la rotta in tempo reale.
Chi sta lavorando sul problema, sul serio: Futuri Probabili guidata da Luciano Violante
Nel panorama italiano, Futuri Probabili – Associazione per la Formazione del Capitale Umano, presieduta da Luciano Violante, è tra i soggetti che stanno affrontando la povertà educativa in modo sistemico e documentato. La missione: intrecciare competenze tecnologiche e saperi umanistici per costruire capitale umano all’altezza degli shock della modernità (Terra, Mare, Spazio, Digitale). Non solo “corsi”, ma allineamento tra educazione, cittadinanza e transizione tecnologica. Nel 2025 l’associazione ha dedicato un seminario specifico a “Povertà educativa e formazione del capitale umano” e ha presentato — in dialogo con istituzioni e partner — il Rapporto “Per una Strategia di Sicurezza Nazionale” alla Camera dei Deputati, sottolineando come la qualità del capitale umano sia un asset di sicurezza e prosperità del Paese.
Perché questa ricerca è fondamentale? Primo, allinea le politiche educative con trasformazioni strutturali (digitale, clima, demografia): non solo “recupero debiti”, ma competenze per vivere e lavorare nei nuovi domini (cyber, spazio, subacqueo, data‑society). Secondo, costruisce ponti tra scuole, università, imprese e istituzioni culturali, spostando la povertà educativa dal locale al sistema‑Paese. Terzo, porta l’educazione nella stanza dei bottoni, con report, audizioni e position paper che parlano la lingua di chi decide budget e priorità.
Dove entra Olitec (e perché insieme a Futuri Probabili si va più lontano)
La sinergia ideale è chiara: Futuri Probabilimappa, studia, connette e influenza (policy, reti nazionali, standard di qualità, advocacy); Olitecprogetta, eroga, misura (tutoraggio ad alta intensità, laboratori Scuola 4.0 “vivi”, family engagement, borse BRIA, placement). In mezzo, indicatori condivisi: assenze croniche in calo, debiti formativi in calo, livelli minimi raggiunti in crescita, transizioni scuola→lavoro tracciate.
Roadmap breve (realistica): tre hub pilota (Sud, Centro, Nord) con targeting su scuole a rischio; doposcuola competenze di base + tutoraggio intensivo + laboratori BRIA + sportello psicologico + borse per mensa/trasporti; contratti educativi con famiglie e studenti; filiere post‑diploma attive fin da subito (ITS/Uni in sede; apprendistato duale con imprese); dashboard condivisa ricerca ↔ esecuzione per scalare ciò che funziona.
In una frase: la povertà educativa non si batte con iniziative episodiche ma con un ecosistema che unisce nidi accessibili, tempo scuola di qualità, tutoraggio intensivo e filiere BRIA fino al lavoro qualificato. Un modello come Olitec, affiancato dalla cornice di ricerca e policy di Futuri Probabili, può trasformare il “rischio educativo” in capitale umano spendibile — oggi, non tra dieci anni.
In Italia la povertà educativa non è una statistica: è un circuito che toglie occasioni a bambini e ragazzi — nidi insufficienti, poco tempo pieno, laboratori rarefatti, sport e cultura a singhiozzo, tutoraggi assenti — e che spesso inizia prima dei tre anni. Significa crescere in un territorio dove la scuola non riesce ad aprire varchi: biblioteche chiuse il pomeriggio, palestre inagibili, trasporti scarsi, connessioni lente, costi della mensa che pesano sul bilancio familiare, orientamento ridotto a formalità. È una geografia della possibilità che si accorcia man mano che ci si allontana dai centri maggiori, che si complica quando in famiglia entrano povertà materiale, migrazione, disabilità o lavori precari, e che esplode durante le transizioni critiche (primaria→media, biennio→triennio, scuola→lavoro).
Non è solo questione di device o di “aule nuove”: la domanda corretta non è quante LIM abbiamo comprato, ma quali competenze stanno crescendo, per chi e dove. A contare sono quattro ingredienti che fanno la differenza: tempo (più ore, ma di qualità, con laboratori veri), spazio (ambienti attrezzati e scuole aperte al quartiere), adulti significativi (docenti formati, tutor, mentor e psicologi in rete), traiettorie (orientamento serio, micro‑credential, ponti concreti con ITS e università). Senza questa architettura, l’innovazione resta superficie: banchi modulari e device nuovi, ma apprendimenti vecchi e diseguali.
La definizione di riferimento è limpida: povertà educativa significa impedire ai minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire capacità, talenti e aspirazioni. È un tema di diritti, non di beneficenza: riguarda l’uguaglianza sostanziale e il diritto allo studio e impatta su crescita economica, salute, legalità, coesione sociale e perfino resilienza del Paese. Quando mancano tempo, spazi, adulti e traiettorie, la scuola smette di essere un ascensore sociale e diventa uno specchio che riflette — e talvolta amplifica — le disuguaglianze di partenza.
Negli ultimi dieci anni il quadro si è mosso in modo irregolare, con segnali di progresso ma anche fratture che si sono allargate con la pandemia. Sul fronte materiale, i minori in povertà assoluta sono saliti fino al 13,8% nel 2023 (circa 1,295 milioni di bambini e ragazzi), massimo della serie dal 2014; nel 2024 il 26,7% dei minori risulta a rischio di povertà o esclusione sociale (AROPE), con un 43,6% nel Mezzogiorno e picchi oltre il 50% nelle famiglie monogenitore numerose. Sul fronte scolastico, la dispersione esplicita (early leavers 18–24) è scesa dal 15% del 2014 al 10,5% nel 2023 e al 9,8% nel 2024, avvicinandosi al target UE <9% entro il 2030; resta marcata la differenza di genere (maschi più a rischio) e il divario territoriale. La dispersione implicita (ragazzi che concludono i cicli senza livelli minimi di competenza) ha toccato nel 2024 il minimo storico del 6,6%, ma nel 2025 è risalita all’8,7%, segnalando fragilità da presidiare soprattutto nel Mezzogiorno. Nei NEET 15–29 (chi non studia e non lavora), l’Italia parte da livelli molto alti (~26% nel 2014), migliora fino al pre‑Covid (~22% nel 2019), peggiora con la pandemia (~23,3% nel 2020), poi scende al 16,1% nel 2023 e al 15,2% nel 2024: è un progresso rilevante ma restiamo secondi in UE (peggio solo la Romania), con forti differenze territoriali (Sicilia 27,9% vs 8% Bolzano). L’offerta 0–2 anni aumenta, con il tasso di copertura dei posti passato dal 27,1% (2019/20) al 30% (2022/23); il Centro‑Nord ha superato il LEP 33%, mentre Campania 13,2%, Sicilia 13,9%, Calabria 15,7% restano lontane; alcune regioni virtuose (es. Umbria ~46,5%) superano già il nuovo obiettivo UE 45% al 2030. In sintesi: più scuola e più servizi stanno producendo effetti (meno abbandoni, più offerta 0–2), ma povertà materiale, divari territoriali e fragilità negli apprendimenti continuano ad alimentare la povertà educativa: servono interventi continuativi, mirati e misurabili.
Cosa funziona, davvero? Le leve ad alto impatto non sono misteriose, ma vanno tenute assieme. 0–6 come priorità (nidi accessibili nei quartieri fragili, rette calmierate o azzerate, supporti psicopedagogici precoci). Tempo scuola esteso ma di qualità (laboratori, sport, teatro, scienze applicate, coding). Tutoraggio ad alta intensità (piccoli gruppi o 1:1 per cicli di 12–16 settimane) che ricostruisce basi e fiducia. Scuole-comunità aperte oltre l’orario, con biblioteche, associazioni, sportelli psicologici e volontariato. Filiere post‑diploma serie (ITS, apprendistato qualificato, università connessa a problemi reali). Docenti supportati in classe da comunità professionali e coaching. Monitoraggio semplice e continuo su frequenze, progressi, passaggi di ciclo. Se i fondi vengono spesi in arredi e gadget senza cambiare didattica, l’effetto svanisce alla prima campanella.
Dentro questo quadro, modelli come Fondazione Olitec possono “spostare l’ago” perché mettono insieme pezzi che altrove restano separati. Il cuore è BRIA — Bioinformatica, Realtà Immersiva, Intelligenza Artificiale — non come slogan tecnologico ma come ecosistema didattico: laboratori veri, dataset e casi d’uso industriali, docenze miste (docenti scolastici + mentor tecnici), micro‑credential che certificano saperi pratici, e una rete di imprese che non fa passerella ma progetta sfide, hackathon, apprendistati, assunzioni. In parallelo, Olitec integra percorsi universitari in sede (informatica, cybersecurity, IA) in convenzione con atenei telematici: gli allievi frequentano e sostengono esami rimanendo nelle strutture della fondazione, con tesi e portfolio nati da problemi reali. Risultato atteso: competenze allineate al mercato dei prossimi anni e collocamento qualificato, evitando spirali di lavoro sottopagato e discontinuo.
Tradotto in architettura operativa, un hub BRIA “a spettro completo” lavora su quattro cerchi concentrici. Primo: Zerosei+Famiglie, con nido/sezione primavera, laboratori sensoriali e STEM per i piccolissimi, spazi di ascolto per i genitori, logopedia e psicopedagogia. Secondo: 6–13 anni, doposcuola serio sulle basi e “BRIA per bambini” (robotica unplugged, esperimenti scientifici, realtà immersiva guidata) per dare gusto alla fatica dell’apprendere. Terzo: 14–19, laboratori avanzati, project‑work su dati veri, certificazioni, PCTO progettati con le imprese, e — qui è decisivo — tutoraggio ad alta intensità per chi è a rischio abbandono. Quarto: post‑diploma, con ITS e lauree triennali in sede, apprendistato duale e job‑matching continuo con obiettivi misurabili di placement a 6–12 mesi. In questo percorso si ottiene l’abilitazione BRIA, si formano bioinformatici e professionisti capaci di gestire situazioni critiche e squadre di lavoro: non “tecnici solisti”, ma persone in grado di guidare team in contesti complessi.
Il motore nascosto è la didattica assistita: Universal Design for Learning, piani personalizzati anche per DSA e BES, strumenti digitali accessibili, coaching in classe. Accanto, supporti abilitanti che spesso decidono la differenza: borse BRIA per i profili fragili, mensa e trasporti coperti, sportello psicologico, un case manager che segue gli studenti più a rischio, e un programma strutturato di family engagement. Ogni attività lascia traccia in una dashboard comune — frequenze, crediti, progressi nelle prove standardizzate, micro‑credential, passaggi di ciclo, inserimenti lavorativi — per poter correggere la rotta in tempo reale.
Chi sta lavorando sul problema, sul serio: Futuri Probabili guidata da Luciano Violante
Nel panorama italiano, Futuri Probabili – Associazione per la Formazione del Capitale Umano, presieduta da Luciano Violante, è tra i soggetti che stanno affrontando la povertà educativa in modo sistemico e documentato. La missione: intrecciare competenze tecnologiche e saperi umanistici per costruire capitale umano all’altezza degli shock della modernità (Terra, Mare, Spazio, Digitale). Non solo “corsi”, ma allineamento tra educazione, cittadinanza e transizione tecnologica. Nel 2025 l’associazione ha dedicato un seminario specifico a “Povertà educativa e formazione del capitale umano” e ha presentato — in dialogo con istituzioni e partner — il Rapporto “Per una Strategia di Sicurezza Nazionale” alla Camera dei Deputati, sottolineando come la qualità del capitale umano sia un asset di sicurezza e prosperità del Paese.
Perché questa ricerca è fondamentale? Primo, allinea le politiche educative con trasformazioni strutturali (digitale, clima, demografia): non solo “recupero debiti”, ma competenze per vivere e lavorare nei nuovi domini (cyber, spazio, subacqueo, data‑society). Secondo, costruisce ponti tra scuole, università, imprese e istituzioni culturali, spostando la povertà educativa dal locale al sistema‑Paese. Terzo, porta l’educazione nella stanza dei bottoni, con report, audizioni e position paper che parlano la lingua di chi decide budget e priorità.
Dove entra Olitec (e perché insieme a Futuri Probabili si va più lontano)
La sinergia ideale è chiara: Futuri Probabilimappa, studia, connette e influenza (policy, reti nazionali, standard di qualità, advocacy); Olitecprogetta, eroga, misura (tutoraggio ad alta intensità, laboratori Scuola 4.0 “vivi”, family engagement, borse BRIA, placement). In mezzo, indicatori condivisi: assenze croniche in calo, debiti formativi in calo, livelli minimi raggiunti in crescita, transizioni scuola→lavoro tracciate.
Roadmap breve (realistica): tre hub pilota (Sud, Centro, Nord) con targeting su scuole a rischio; doposcuola competenze di base + tutoraggio intensivo + laboratori BRIA + sportello psicologico + borse per mensa/trasporti; contratti educativi con famiglie e studenti; filiere post‑diploma attive fin da subito (ITS/Uni in sede; apprendistato duale con imprese); dashboard condivisa ricerca ↔ esecuzione per scalare ciò che funziona.
In una frase: la povertà educativa non si batte con iniziative episodiche ma con un ecosistema che unisce nidi accessibili, tempo scuola di qualità, tutoraggio intensivo e filiere BRIA fino al lavoro qualificato. Un modello come Olitec, affiancato dalla cornice di ricerca e policy di Futuri Probabili, può trasformare il “rischio educativo” in capitale umano spendibile — oggi, non tra dieci anni.
Modello di vita, studio e servizio nella Fondazione
Definizione e visione
La comunità educativa è un ecosistema residenziale e laboratoriale che integra vita, studio e responsabilità. Non è solo un luogo, ma un progetto intenzionale di crescita umana e professionale fondato su fraternità, disciplina morale, rispetto e cooperazione.
FraternitàDisciplinaServizioTecnologie BRIA
Valori e ispirazione
Principi francescani di sobrietà e solidarietà, dignità della persona e diritto allo studio. La tecnologia è umanizzata per formare persone libere, competenti e responsabili.
Umano al centro
Norme di riferimento
Codice Civile (artt. 14–42 c.c.)
Consente alle fondazioni di perseguire scopi educativi e gestire strutture come convitti, campus e studentati in coerenza con lo scopo statutario.
D.Lgs. 117/2017 — Codice del Terzo Settore
Artt. 5–6: attività di interesse generale educative e formative
Comprendono istruzione, formazione professionale e percorsi comunitari di crescita personale, anche in forma residenziale.; art. 55: co-programmazione e co-progettazione con PA.
Legge 328/2000 — Sistema integrato di interventi sociali
Riconosce le comunità educative come strumenti di inclusione e prevenzione della dispersione, nel quadro del principio di sussidiarietà.
D.P.R. 616/1977
Attribuisce alle Regioni competenze su riconoscimento e sostegno a strutture educative private con finalità pubbliche e sociali.
Convenzione ONU Diritti del Fanciullo
Artt. 29 e 31: diritto ad un’educazione che sviluppi pienamente la personalità e i talenti in contesti che promuovano dignità e solidarietà.
Compliance trasversale
GDPR (UE 2016/679) per protezione dati; D.Lgs. 81/2008 per salute e sicurezza degli ambienti comunitari.
Struttura organizzativa
Direttore / Coordinatore Responsabile della disciplina, del regolamento e della gestione quotidiana.
Tutor e Formatori BRIA Guidano l’apprendimento tecnico e comportamentale; monitoraggio del percorso.
Educatori civici Custodi di fraternità, rispetto, inclusione, legalità e servizio alla comunità.
Cadetti Residenti o non residenti, selezionati e vincolati al giuramento e al regolamento interno.
Percorso tipo
Orientamento (3 mesi)
Accoglienza, studio del regolamento, fraternità, alfabetizzazione BRIA, sicurezza e privacy.
Addestramento (15 mesi)
Laboratori BRIA, project work, tirocinio interno, vita comunitaria assistita.
Studio accademico (fino a 36 mesi)
Laurea triennale in sincronia con l’addestramento: cybersecurity, informatica, IA.
Regolamento e responsabilità
Diritti e doveri, criteri di ammissione e permanenza.
Convivenza, turnazioni di servizio, decoro degli spazi comuni.
Salute, sicurezza (D.Lgs. 81/2008) e protezione dati (GDPR).
Finalità
Personale e civica: responsabilità, appartenenza, autonomia e spirito critico.
Inclusione e dignità: vitto/alloggio solidale, supporto psicopedagogico, accesso equo.
Riconoscimento e vigilanza
Comunicazione ad autorità competenti (Regione, Comune, Prefettura) con regolamento, piano educativo e organigramma. Possibile riconoscimento come struttura educativa o ente di formazione accreditato, con co-finanziamento pubblico. Vigilanza su sicurezza, igiene e qualità formativa affidata a organi territoriali e al Consiglio della Fondazione.
Lavoro Integrativo art. 16.2.1 Titolo VII
Nel caso in cui un allievo, cadetto o discente iscritto alla Fondazione Olivetti Tecnologia e Ricerca si trovi in comprovata condizione di difficoltà economica, tale da non poter sostenere in autonomia le spese di partecipazione al percorso formativo, e tale condizione sia dimostrata ogni oltre ragionevole dubbio, la Fondazione si impegna, compatibilmente con le risorse e le disponibilità locali, ad attivare una procedura di supporto attraverso l’inserimento lavorativo temporaneo.
A tal fine, l’interessato dovrà produrre una lettera formale di richiesta, corredata da una relazione dettagliata, contenente ogni elemento utile alla piena comprensione del contesto economico, sociale e familiare, e ogni documento ritenuto idoneo a comprovare la condizione dichiarata.
Qualora la richiesta venga accolta, la Fondazione potrà stipulare convenzioni operative con attività economiche del territorio circostante alla sede presso cui l’allievo risiede o è in formazione, privilegiando soggetti già aderenti alla rete associativa della Fondazione o che ne condividano valori e finalità.
Non è tuttavia garantito che la Fondazione sia in grado di individuare un’attività lavorativa compatibile con il percorso di studio, in quanto tale possibilità dipende dalle caratteristiche del territorio, dalle disponibilità del momento e dall’equilibrio con gli impegni formativi. L’attività lavorativa dovrà essere svolta esclusivamente al di fuori degli orari programmati di studio.
Le condizioni di lavoro saranno definite in modo trasparente e condiviso tra il cadetto, l’attività convenzionata e un delegato incaricato dalla Fondazione, che avrà il compito di supervisionare l’accordo e verificarne la regolarità e l’equità. Al socio cadetto sarà comunque richiesta unicamente la quota mensile prevista dal regolamento vigente, che potrà essere oggetto di riduzione o parziale compensazione in base agli accordi.
La Fondazione provvederà a monitorare con continuità l’esperienza lavorativa attivata, verificando l’aderenza ai parametri stabiliti e intervenendo in caso di criticità.
Il rifiuto ingiustificato di due proposte lavorative consecutive compatibili con il percorso formativo sarà motivo valido per l’esclusione dell’allievo dalla Fondazione, fatto salvo il diritto dell’interessato di presentare osservazioni scritte che saranno valutate in via preliminare dal Consiglio di disciplina della Fondazione.
Qualora il socio allievo cadetto decida di interrompere il percorso di studio all’interno della fondazione questo non lo esonera dal pagamento completo della quota qualora mantenga in essere il lavoro procuratogli dalla fondazione, in questo caso l’allievo autorizza sin da ora i datori di lavoro a versare per suo conto sino ad estinzione del debito totale le quote dovute direttamente alla fondazione.
Valori Mantenimento ISEE
La quota di mantenimento è relativa a vitto, alloggio, abbigliamento, attrezzatura di base condivisa, servizi domestici interni, viaggi e trasferte programmate per motivi di studio ed addestramento, partecipazione e fiere e congressi, partecipazione a seminari, materiali didattici, licenze ed accessi ai sistemi informativi e quanto altro descritto nel manuale del percorso.
Se invece vuoi usare la nostra intelligenza artificiale (GPT Olitec) e dialogare con lei puoi cliccare qui Avvia il GPT OLITEC
Arruolati
È il tuo momento. L’Italia ha bisogno di te.
Hai mai pensato di fare qualcosa di grande, che lasci un segno? Di mettere le tue capacità, la tua forza, la tua intelligenza e il tuo coraggio al servizio degli altri?
Arruolati oggi. Unisciti a chi ha scelto di non restare a guardare. Che tu sia uomo o donna, che tu venga da una grande città o da un piccolo paese, c’è un posto per te in una squadra che costruisce il futuro, protegge le vite, difende ciò che conta. Non è solo un lavoro. È una scelta di vita.
È l’inizio di un cammino che ti cambierà per sempre.