Forum

Benvenuti nel Forum della Fondazione Olitec. Questo spazio è stato creato per promuovere la trasparenza e facilitare la comunicazione tra la Fondazione Olitec e tutti coloro che desiderano entrare a far parte del nostro team, in particolare per il ruolo di Sales. Il nostro forum è uno strumento di dialogo aperto e costruttivo dove i candidati possono porre domande, condividere esperienze e ottenere risposte dirette sui vari aspetti del processo di selezione e sulle opportunità di carriera offerte dalla Fondazione.

All’interno del forum troverete topic dedicati ad argomenti specifici su cui potrete approfondire informazioni relative al ruolo, al processo di selezione e alla cultura aziendale della Fondazione Olitec. Inoltre, avrete la possibilità di caricare le vostre domande e consultare le risposte fornite ad altri quesiti posti dai candidati, creando così una rete di informazioni condivisa e trasparente.

Questo spazio è pensato anche per favorire la condivisione delle esperienze personali: potrete raccontare il vostro percorso e scoprire come altri candidati stanno affrontando questa opportunità. Vi invitiamo a partecipare attivamente, a rispettare gli altri membri della community e a mantenere un tono di dialogo collaborativo e positivo.

o Registrati per creare messaggi e topic.

Povertà educativa: come smontarla pezzo per pezzo. E perché un modello come Olitec — insieme alla ricerca di Futuri Probabili — può fare la differenza

di Nicolini Massimiliano

In Italia la povertà educativa non è una statistica: è un circuito che toglie occasioni a bambini e ragazzi — nidi insufficienti, poco tempo pieno, laboratori rarefatti, sport e cultura a singhiozzo, tutoraggi assenti — e che spesso inizia prima dei tre anni. Significa crescere in un territorio dove la scuola non riesce ad aprire varchi: biblioteche chiuse il pomeriggio, palestre inagibili, trasporti scarsi, connessioni lente, costi della mensa che pesano sul bilancio familiare, orientamento ridotto a formalità. È una geografia della possibilità che si accorcia man mano che ci si allontana dai centri maggiori, che si complica quando in famiglia entrano povertà materiale, migrazione, disabilità o lavori precari, e che esplode durante le transizioni critiche (primaria→media, biennio→triennio, scuola→lavoro).

Non è solo questione di device o di “aule nuove”: la domanda corretta non è quante LIM abbiamo comprato, ma quali competenze stanno crescendo, per chi e dove. A contare sono quattro ingredienti che fanno la differenza: tempo (più ore, ma di qualità, con laboratori veri), spazio (ambienti attrezzati e scuole aperte al quartiere), adulti significativi (docenti formati, tutor, mentor e psicologi in rete), traiettorie (orientamento serio, micro‑credential, ponti concreti con ITS e università). Senza questa architettura, l’innovazione resta superficie: banchi modulari e device nuovi, ma apprendimenti vecchi e diseguali.

La definizione di riferimento è limpida: povertà educativa significa impedire ai minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire capacità, talenti e aspirazioni. È un tema di diritti, non di beneficenza: riguarda l’uguaglianza sostanziale e il diritto allo studio e impatta su crescita economica, salute, legalità, coesione sociale e perfino resilienza del Paese. Quando mancano tempo, spazi, adulti e traiettorie, la scuola smette di essere un ascensore sociale e diventa uno specchio che riflette — e talvolta amplifica — le disuguaglianze di partenza.

Negli ultimi dieci anni il quadro si è mosso in modo irregolare, con segnali di progresso ma anche fratture che si sono allargate con la pandemia. Sul fronte materiale, i minori in povertà assoluta sono saliti fino al 13,8% nel 2023 (circa 1,295 milioni di bambini e ragazzi), massimo della serie dal 2014; nel 2024 il 26,7% dei minori risulta a rischio di povertà o esclusione sociale (AROPE), con un 43,6% nel Mezzogiorno e picchi oltre il 50% nelle famiglie monogenitore numerose. Sul fronte scolastico, la dispersione esplicita (early leavers 18–24) è scesa dal 15% del 2014 al 10,5% nel 2023 e al 9,8% nel 2024, avvicinandosi al target UE <9% entro il 2030; resta marcata la differenza di genere (maschi più a rischio) e il divario territoriale. La dispersione implicita (ragazzi che concludono i cicli senza livelli minimi di competenza) ha toccato nel 2024 il minimo storico del 6,6%, ma nel 2025 è risalita all’8,7%, segnalando fragilità da presidiare soprattutto nel Mezzogiorno. Nei NEET 15–29 (chi non studia e non lavora), l’Italia parte da livelli molto alti (~26% nel 2014), migliora fino al pre‑Covid (~22% nel 2019), peggiora con la pandemia (~23,3% nel 2020), poi scende al 16,1% nel 2023 e al 15,2% nel 2024: è un progresso rilevante ma restiamo secondi in UE (peggio solo la Romania), con forti differenze territoriali (Sicilia 27,9% vs 8% Bolzano). L’offerta 0–2 anni aumenta, con il tasso di copertura dei posti passato dal 27,1% (2019/20) al 30% (2022/23); il Centro‑Nord ha superato il LEP 33%, mentre Campania 13,2%, Sicilia 13,9%, Calabria 15,7% restano lontane; alcune regioni virtuose (es. Umbria ~46,5%) superano già il nuovo obiettivo UE 45% al 2030. In sintesi: più scuola e più servizi stanno producendo effetti (meno abbandoni, più offerta 0–2), ma povertà materiale, divari territoriali e fragilità negli apprendimenti continuano ad alimentare la povertà educativa: servono interventi continuativi, mirati e misurabili.

Un grafico a barre che mostra il tasso di copertura dei servizi per la prima infanzia (0-2 anni) per diverse regioni italiane nel 2022/23, con i valori percentuali rappresentati su un asse verticale e le regioni su un asse orizzontale.

Grafico che mostra la dispersione scolastica e il dato NEET in Italia dal 2014 al 2024, evidenziando la percentuale di giovani non impegnati in attività di studio o lavoro.

Grafico a barre che mostra il confronto percentuale dei NEET (15-29 anni) tra Sicilia e Bolzano nel 2024, con Sicilia in blu e Bolzano in rosso.

Cosa funziona, davvero? Le leve ad alto impatto non sono misteriose, ma vanno tenute assieme. 0–6 come priorità (nidi accessibili nei quartieri fragili, rette calmierate o azzerate, supporti psicopedagogici precoci). Tempo scuola esteso ma di qualità (laboratori, sport, teatro, scienze applicate, coding). Tutoraggio ad alta intensità (piccoli gruppi o 1:1 per cicli di 12–16 settimane) che ricostruisce basi e fiducia. Scuole-comunità aperte oltre l’orario, con biblioteche, associazioni, sportelli psicologici e volontariato. Filiere post‑diploma serie (ITS, apprendistato qualificato, università connessa a problemi reali). Docenti supportati in classe da comunità professionali e coaching. Monitoraggio semplice e continuo su frequenze, progressi, passaggi di ciclo. Se i fondi vengono spesi in arredi e gadget senza cambiare didattica, l’effetto svanisce alla prima campanella.

Dentro questo quadro, modelli come Fondazione Olitec possono “spostare l’ago” perché mettono insieme pezzi che altrove restano separati. Il cuore è BRIA — Bioinformatica, Realtà Immersiva, Intelligenza Artificiale — non come slogan tecnologico ma come ecosistema didattico: laboratori veri, dataset e casi d’uso industriali, docenze miste (docenti scolastici + mentor tecnici), micro‑credential che certificano saperi pratici, e una rete di imprese che non fa passerella ma progetta sfide, hackathon, apprendistati, assunzioni. In parallelo, Olitec integra percorsi universitari in sede (informatica, cybersecurity, IA) in convenzione con atenei telematici: gli allievi frequentano e sostengono esami rimanendo nelle strutture della fondazione, con tesi e portfolio nati da problemi reali. Risultato atteso: competenze allineate al mercato dei prossimi anni e collocamento qualificato, evitando spirali di lavoro sottopagato e discontinuo.

Tradotto in architettura operativa, un hub BRIA “a spettro completo” lavora su quattro cerchi concentrici. Primo: Zerosei+Famiglie, con nido/sezione primavera, laboratori sensoriali e STEM per i piccolissimi, spazi di ascolto per i genitori, logopedia e psicopedagogia. Secondo: 6–13 anni, doposcuola serio sulle basi e “BRIA per bambini” (robotica unplugged, esperimenti scientifici, realtà immersiva guidata) per dare gusto alla fatica dell’apprendere. Terzo: 14–19, laboratori avanzati, project‑work su dati veri, certificazioni, PCTO progettati con le imprese, e — qui è decisivo — tutoraggio ad alta intensità per chi è a rischio abbandono. Quarto: post‑diploma, con ITS e lauree triennali in sede, apprendistato duale e job‑matching continuo con obiettivi misurabili di placement a 6–12 mesi. In questo percorso si ottiene l’abilitazione BRIA, si formano bioinformatici e professionisti capaci di gestire situazioni critiche e squadre di lavoro: non “tecnici solisti”, ma persone in grado di guidare team in contesti complessi.

Il motore nascosto è la didattica assistita: Universal Design for Learning, piani personalizzati anche per DSA e BES, strumenti digitali accessibili, coaching in classe. Accanto, supporti abilitanti che spesso decidono la differenza: borse BRIA per i profili fragili, mensa e trasporti coperti, sportello psicologico, un case manager che segue gli studenti più a rischio, e un programma strutturato di family engagement. Ogni attività lascia traccia in una dashboard comune — frequenze, crediti, progressi nelle prove standardizzate, micro‑credential, passaggi di ciclo, inserimenti lavorativi — per poter correggere la rotta in tempo reale.

Chi sta lavorando sul problema, sul serio: Futuri Probabili guidata da Luciano Violante

Nel panorama italiano, Futuri Probabili – Associazione per la Formazione del Capitale Umano, presieduta da Luciano Violante, è tra i soggetti che stanno affrontando la povertà educativa in modo sistemico e documentato. La missione: intrecciare competenze tecnologiche e saperi umanistici per costruire capitale umano all’altezza degli shock della modernità (Terra, Mare, Spazio, Digitale). Non solo “corsi”, ma allineamento tra educazione, cittadinanza e transizione tecnologica. Nel 2025 l’associazione ha dedicato un seminario specifico a “Povertà educativa e formazione del capitale umano” e ha presentato — in dialogo con istituzioni e partner — il Rapporto “Per una Strategia di Sicurezza Nazionale” alla Camera dei Deputati, sottolineando come la qualità del capitale umano sia un asset di sicurezza e prosperità del Paese.

Perché questa ricerca è fondamentale? Primo, allinea le politiche educative con trasformazioni strutturali (digitale, clima, demografia): non solo “recupero debiti”, ma competenze per vivere e lavorare nei nuovi domini (cyber, spazio, subacqueo, data‑society). Secondo, costruisce ponti tra scuole, università, imprese e istituzioni culturali, spostando la povertà educativa dal locale al sistema‑Paese. Terzo, porta l’educazione nella stanza dei bottoni, con report, audizioni e position paper che parlano la lingua di chi decide budget e priorità.

Dove entra Olitec (e perché insieme a Futuri Probabili si va più lontano)

La sinergia ideale è chiara: Futuri Probabili mappa, studia, connette e influenza (policy, reti nazionali, standard di qualità, advocacy); Olitec progetta, eroga, misura (tutoraggio ad alta intensità, laboratori Scuola 4.0 “vivi”, family engagement, borse BRIA, placement). In mezzo, indicatori condivisi: assenze croniche in calo, debiti formativi in calo, livelli minimi raggiunti in crescita, transizioni scuola→lavoro tracciate.

Roadmap breve (realistica): tre hub pilota (Sud, Centro, Nord) con targeting su scuole a rischio; doposcuola competenze di base + tutoraggio intensivo + laboratori BRIA + sportello psicologico + borse per mensa/trasporti; contratti educativi con famiglie e studenti; filiere post‑diploma attive fin da subito (ITS/Uni in sede; apprendistato duale con imprese); dashboard condivisa ricerca ↔ esecuzione per scalare ciò che funziona.

In una frase: la povertà educativa non si batte con iniziative episodiche ma con un ecosistema che unisce nidi accessibili, tempo scuola di qualità, tutoraggio intensivo e filiere BRIA fino al lavoro qualificato. Un modello come Olitec, affiancato dalla cornice di ricerca e policy di Futuri Probabili, può trasformare il “rischio educativo” in capitale umano spendibile — oggi, non tra dieci anni.


Bibliografia e link utili