Allineamento Multiricevitore di dispositivi Starlink

L’esperimento condotto il 25 ottobre 2025 ha avuto come obiettivo la verifica della possibilità di aggregare tre antenne Starlink indipendenti, ciascuna in grado di fornire una velocità media di circa 450 megabit per secondo in download, per creare un’unica connessione virtuale e superare i limiti di banda di una singola trasmissione satellitare. Tale prova rappresenta un passo significativo nel campo dell’ingegneria delle reti ad alta capacità e resilienza, poiché affronta il problema della fusione di più sorgenti satellitari in un unico canale di comunicazione coerente, stabile e ad alta efficienza.

Diagramma che illustra la configurazione di tre terminali Starlink collegati a un router multi-WAN, per la realizzazione di channel bonding verso un server e un computer.

Starlink, la costellazione satellitare a bassa orbita sviluppata da SpaceX, è oggi la rete più avanzata al mondo per la connettività decentralizzata, capace di portare Internet a bassa latenza anche in zone prive di infrastrutture terrestri. Tuttavia, ogni singolo terminale presenta un limite di banda intrinseco che, pur elevato, non può superare stabilmente i 500 megabit per secondo. Per questo motivo, l’esperimento ha voluto esplorare la possibilità di ottenere un’aggregazione effettiva dei flussi provenienti da più terminali, tramite l’uso di tecniche di channel bonding e protocolli di rete multipath, in grado di trasformare tre connessioni fisiche indipendenti in un’unica dorsale logica da oltre un gigabit.

L’apparato tecnico impiegato nella prova comprendeva tre terminali Starlink di seconda generazione, configurati come sorgenti WAN autonome, collegati a un router multi-WAN dotato di firmware avanzato e capace di gestire protocolli di bonding (come Speedify, Multipath TCP o OpenMPTCPRouter). Il router era connesso a un server remoto, ospitato su un’infrastruttura cloud europea, che svolgeva la funzione di nodo di ricomposizione dei flussi. A valle, un computer di test dotato di scheda di rete Gigabit e software di monitoraggio (iperf3, Wireshark e Netdata) permetteva la misurazione dei parametri reali di banda, latenza e perdita di pacchetti.

Dal punto di vista teorico, l’aggregazione di rete può avvenire in due modalità: il semplice bilanciamento di carico (load balancing), che distribuisce le connessioni per sessione ma non somma effettivamente la banda su un singolo flusso, e il channel bonding, che invece frammenta i pacchetti di un singolo flusso IP su più canali e li ricompone in ingresso, permettendo di sommare realmente la capacità di trasmissione. In questo caso, con tre linee da 450 megabit per secondo, la banda teorica massima risulta di 1350 megabit, ovvero 1,35 gigabit al secondo. Tenendo conto dell’overhead di protocollo e dei ritardi di sincronizzazione, il valore effettivo stimato si colloca attorno a 1,15 gigabit al secondo, in linea con quanto osservato nelle prove pratiche.

Le misure condotte con iperf3 hanno mostrato che una singola connessione Starlink garantisce circa 420 megabit effettivi, due linee in parallelo raggiungono 830 megabit, e tre linee configurate in bonding stabile arrivano a 1,12 gigabit con una latenza media di 41 millisecondi e una perdita di pacchetti inferiore all’uno per cento. Questi risultati confermano che la scalabilità è quasi lineare almeno fino a tre sorgenti, e che la tecnologia di aggregazione multipath permette di ridurre le variazioni di throughput dovute alle oscillazioni atmosferiche e al jitter dei satelliti.

Da un punto di vista concettuale, questa prova sperimentale suggerisce che, estendendo l’architettura, sia teoricamente possibile raggiungere velocità di trasmissione superiori al terabit per secondo. Considerando che ciascuna antenna fornisce in media 450 megabit, il superamento di 1.000.000 megabit (1 terabit) richiederebbe circa 2.222 terminali Starlink perfettamente sincronizzati. In un tale scenario, la rete dovrebbe essere strutturata in cluster locali e regionali, dove gruppi di venti antenne convergono su router di aggregazione dedicati, connessi tra loro tramite dorsali in fibra da 40 o 100 gigabit, fino a formare una struttura gerarchica a livelli che termina in un nodo centrale globale di ricomposizione.

Questa architettura, definita “Aggregated Satellite Mesh”, si fonda sul principio di una costellazione distribuita di nodi terrestri cooperanti, ciascuno in grado di contribuire a una rete planetaria capace di fornire banda a scala terabit con latenze inferiori ai 50 millisecondi medi. Per raggiungere tale obiettivo, occorrerebbe integrare sistemi di sincronizzazione basati su orologi GPS a precisione submicrosecondo, protocolli predittivi di ridistribuzione dinamica dei pacchetti gestiti da intelligenza artificiale e algoritmi di deduplicazione in tempo reale per ridurre il carico dei canali. Inoltre, i server di bonding dovrebbero essere interconnessi tramite dorsali ottiche a 400 gigabit e governati da una rete SD-WAN adattiva capace di ottimizzare la latenza in funzione del carico di traffico e della posizione dei satelliti in orbita.

Superare la soglia del terabit in una rete aggregata di terminali satellitari non avrebbe solo un valore simbolico, ma aprirebbe scenari applicativi di enorme impatto. Una simile infrastruttura permetterebbe di realizzare reti di telemedicina immersiva in tempo reale, di trasmettere flussi video in 8K multi-angolo per chirurgia remota, di sostenere digital twin planetari e sistemi di monitoraggio climatico ad altissima risoluzione, o di implementare un cloud distribuito e decentralizzato basato su nodi mobili e autosufficienti. La resilienza di una rete di questo tipo renderebbe possibile la trasmissione e la conservazione di dati critici in ogni condizione, anche in presenza di disastri naturali o interruzioni infrastrutturali.

Diagramma che illustra il collegamento di tre terminali Starlink da 450 Mb/s ciascuno, confrontando tre scenari: A) solo switch non aggregato, B) router multi-WAN per sessione, C) bonding con tunnel per pacchetto.

Il principio dimostrato in questa sperimentazione si inserisce perfettamente nel quadro delle discipline BRIA (Bioinformatica, Realtà Immersiva e Intelligenza Artificiale), dove la connettività a banda ultraelevata costituisce la base per l’unificazione dei domini biologico, digitale e cognitivo. La fusione delle reti satellitari e terrestri, resa possibile dall’intelligenza artificiale distribuita, porta così verso una nuova forma di Internet globale, non più ancorata a un’infrastruttura fissa ma costruita come una rete vivente di flussi sincronizzati.

In conclusione, la prova con tre antenne Starlink ha dimostrato che è tecnicamente possibile ottenere oltre un gigabit per secondo di banda aggregata in connessione satellitare. L’evoluzione naturale di questa ricerca punta ora verso la costruzione di cluster di rete in grado di superare il terabit per secondo, realizzando una nuova generazione di connettività globale autonoma, decentralizzata e adattiva. Si tratta non solo di un traguardo ingegneristico, ma di una visione di rete planetaria in cui energia, informazione e intelligenza artificiale confluiscono in un unico sistema dinamico e autosincronizzato, capace di ridefinire il concetto stesso di Internet.


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